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Parliamone - Articolo di Paolo Zanetto

La rivoluzione digitale

La rivoluzione digitale è ormai tra di noi. Grazie alle nuove tecnologie, alle telecomunicazioni, non esistono più barriere tra i diversi paesi del mondo: le informazioni viaggiano alla velocità della luce, si spostano su Internet, e non possono essere fermate alla dogana. Nell'era della globalizzazione, le nuove tecnologie hanno abbattuto i problemi geografici, e trascinano tutto il mondo in un unico, straordinario villaggio globale, di cui siamo tutti cittadini.

Nella Storia abbiamo conosciuto due grandi onde rivoluzionarie: la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale. La realtà di tutti i giorni ci annuncia l'arrivo di una terza onda: la rivoluzione digitale. La risorsa centrale è diventata la conoscenza: le informazioni, la cultura, i simboli, le idee. Dobbiamo essere in grado di cavalcare quest'onda, e di non farci travolgere. Navigare sopra alla nuova onda però richiede energia, competenza e coraggio: solo i giovani possono avere queste caratteristiche. Infatti, quando si tratta dei nuovi strumenti tecnologici, ad esempio Internet, sono i giovani ad insegnare agli adulti.

La continua crescita d'importanza delle nuove tecnologie fa presumere una divisione tra chi ha le conoscenze necessarie e chi è tecnologicamente analfabeta. Questa divisione è anzitutto generazionale, e vede da una parte i giovani, che capiscono quello che succede, e dall'altra tutti coloro i quali sono garantiti dai lacci e laccioli della società industriale e dei sindacati, ma che verranno inevitabilmente intaccati da questo processo di rivoluzione della società e dell'economia. Siamo noi giovani ad essere chiamati come protagonisti. La ragione è semplice: la nostra generazione è l'ultima di una vecchia era, ma anche la prima della nuova era, e solo noi possiamo affrontare e capire lo storico passaggio dall'atomo al bit, dall'elemento fisico ad un elemento immateriale: sono le idee il vero prodotto di scambio della cosiddetta new economy, la nuova economia.

In una società basata più sui bit che sugli atomi non servono grandi capitali, servono grandi idee. Cinque anni fa un ragazzo di nome Jeff Bezos lasciò il suo lavoro a New York, vendette la propria casa e attraversò l'America in macchina, fino a Seattle, dove creò una società a partire da pochi dollari in prestito e dalla sua idea: vendere libri attraverso Internet. Oggi la società che ha fondato, Amazon.com, è nota in tutto il mondo; Bezos ha creato lavoro per quasi 2500 persone iniziando senza un soldo, ma con una buona idea.

Il caso di Amazon.com non è certo isolato: guardando le nuove società quotate a Wall Street, ma ormai anche a Piazza Affari, è evidente che qualcosa è cambiato. In Italia la capitalizzazione di borsa di Tiscali è praticamente alla pari con quella di Fiat: non c'è dubbio che le automobili siano più 'fisiche' delle telecomunicazioni, e non c'è dubbio che Fiat dia lavoro a più persone di Tiscali. Il fatto è che le realtà come Tiscali, Amazon.com, e tutte le altre compagnie della new economy saranno sempre più diffuse, e dobbiamo iniziare a considerarle serie società di successo, le prime imprese create nell'era della rivoluzione digitale. Non è un errore della Borsa a spingere in alto il loro valore, ma la forza della terza onda.

In Italia, però, ci sono molti più problemi che in America per sfruttare la new economy. Aprire una nuova società è difficile e dispendioso; le tasse sul reddito d'impresa schiacciano qualsiasi imprenditore. Infine, trovare investimenti quando non si hanno consistenti capitali di partenza a disposizione è una vera missione impossibile, che finisce con lo scoraggiare tutti coloro i quali potrebbero realizzare grandi cose, creare imprese, benessere, posti di lavoro.

È assolutamente necessario che anche da noi si diffondano le società di venture capital, quei fondi che investono nelle idee vincenti di coloro i quali non hanno capitali, i giovani. Oltre a questo, dobbiamo favorire la creazione e lo sviluppo di società della new economy, attraverso un sistema di agevolazioni fiscali che vadano fino alla detassazione degli investimenti in E-commerce (commercio elettronico). Solo così i giovani imprenditori potranno trasformare i loro sogni, le loro idee, in un elemento concreto che può far vincere tutto il Paese.

Il fenomeno new economy, così come Internet, è assolutamente globale, non accetta barriere. La politica del singolo Stato non può fare molto per fermare l'onda della rivoluzione digitale: può soltanto spalancare le porte, sbloccare quei meccanismi che non possono reggere all'urto, perché già arrugginiti. Sono i meccanismi della poca competizione, delle garanzie assurde per i privilegiati. Il ruolo della politica è proprio facilitare il cambiamento sociale, aiutare i giovani e quelli che capiscono cosa sta per accadere a fare surf sopra all'onda.

Le nuove sfide digitali richiedono alcune competenze: la conoscenza dell'inglese, dell'informatica e dell'Internet, dei principi fondamentali dell'impresa. Soprattutto, per accettare questa sfida serve il coraggio di andare incontro al nuovo, di essere aperti alle nuove regole del mercato globale. Non è facile, la risposta conservatrice e reazionaria sarà molto forte, e verrà da sinistra: quelle forze politiche che difendono i privilegi, le burocrazie, il sindacato di Stato, faranno di tutto per difendere il proprio potere. La politica ha due scelte: insegnare ai giovani le competenze necessarie nel nuovo mondo e permettere loro di cambiare il Paese, oppure difendere il vecchio e lasciarsi progressivamente travolgere.

La rivoluzione è già qui. Servono nuove persone, per affrontare nuovi problemi e nuove opportunità, per lasciarsi alle spalle le vecchie soluzioni che, come vediamo chiaramente, non funzionano più. Di fronte a noi si apre una nuova frontiera, una frontiera di opportunità, la frontiera delle speranze insoddisfatte. Siamo noi giovani a dover attraversare questa frontiera: possiamo avere fiducia nel futuro solo se abbiamo fiducia in noi stessi.

Paolo Zanetto
Vice Coordinatore nazionale

 


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